sabato 12 giugno 2010

Per Muller! Per la sacra Vaschetta di Yogurt!

Anche questa settimana sono riuscito a scrivere qualcosa per sua maestà lo Yogurt... Provvederò subitamente a spedirglielo, previa rilettura più o meno accurata... Nel frattempo, lo sottopongo alle Signorie Vostre...

L'incipit, come da consuetudine, è orrendo.. Anzi: è peggiore del solito e questo mi ha spinto a dare il meglio di me, con risultati scarsi, in realtà...

“Credo nelle persone buone e nelle cose che so fare.
E credo che tu sia la più buona che conosco e più brava di me a fare praticamente tutto.
Per questo ho fatto tutto quello che ho fatto e mi sono precipitato qui.
Perchè penso, anzi, perchè sono sicuro, che dovremmo farlo.
Sono sicuro che dovresti infilarti questo anello e dire sì davanti al primo prete che incontriamo o al sindaco,
perché so dove abita e non sarebbe un problema.
Solo sì.
Sono sicuro che dovresti fare quest’unica, semplice cosa.
Perché ne ho bisogno, perché ti amo.
E perché sapresti farla benissimo.”

Fine incipit.. Potrete immaginare quanto in basso siano cadute e rotolate le mie braccia, nel leggere una partenza simile... Non potevo che rispondere con quanto seguirà...


Lei lo guardava con i suoi grandi occhi verdi. Sembrava potessero mangiarlo da un momento all’altro, anche se stavano semplicemente prendendo tempo, mentre lei cercava le parole migliori per rispondere al fervore di lui. Poi pose le sue mani sulle spalle di lui e strinse mediamente mentre, guardandolo negli occhi, gli chiese:
Jason, che cazzo dici?”
Come potete immaginare, lo sguardo, prima fiero ed entusiasta di lui, divenne spento e perplesso al tempo stesso… L’unica cosa che aveva permesso al suo morale di non precipitare verso il suolo, schiantarsi e continuare nella propria discesa fino al centro della terra, era la sua stupidità: Jason era troppo basito di fronte a quella che non aveva contemplato come risposta, per poterne capire davvero il significato. Questo, probabilmente, perché si aspettava una risposta, mentre quella di Cinthia era una domanda.
Ecco, questa era l’unica cosa che Jason era riuscito ad assimilare: Cinthia non aveva risposto, bensì aveva posto una domanda in risposta e ciò era insensato, per il semplice circuito mentale di lui.
Prima che potesse riprendersi del tutto, Cinthia riprese la parola.
“Ascolta Jason: ti voglio bene, ma sappiamo entrambi che non potrebbe mai funzionare fra noi. Insomma: per certi versi siamo troppo diversi, per altri, lo siamo troppo poco. E poi scusami, hai pensato a cosa direbbero i tuoi genitori, se ci sposassimo? Sai come la pensano su di me.”
I genitori di Jason ritenevano che lei fosse una poco di buono, una teppista una “donnaccia da strada”, come la chiamavano loro. Non si può dire che avessero torto, non del tutto almeno. C’era solo un piccolo dettaglio su cui si sbagliavano, ma Cinthia era dell’idea che fosse meglio lasciarli nell’ignoranza, per ora.
“Ti ho chiesto se vuoi sposarmi”. Le parole di Jason avevano lo stesso tono che avrebbe utilizzato un bambino della quarta elementare, nell’atto di chiedere ad una bambina se volesse essere la sua compagna di giochi.
Ora era il turno di Cinthia a rimanere perplessa… Non trovava collegamento fra quanto appena detto e la frase di Jason. Rimase a guardarlo, mentre lui aspettava impaziente una sua replica. Le occorsero ancora alcuni secondi, prima di realizzare che Jason, con quella frase, stava rispondendo alla domanda (ovviamente retorica) che lei gli aveva posto in principio. Da qui aleggiava in lei la cieca certezza del fatto che lui non avesse recepito assolutamente nulla di tutto ciò che era stato detto successivamente.
Dovette controllarsi per non fargli saltare la testa con un ceffone. Dopo svariati respiri profondi, la sua mente riprese a ragionare come le era solito e rispose a Jason, ricordando, questa volta, di rispettare la semplice regola del “botta&risposta”: indispensabile, per avere un dialogo sensato con Jason.
“Lo so quello che mi hai chiesto, tesoro, ma non posso dirti di sì: lo sai”.
Gli occhi di lui erano vivi ed attenti, mentre la scimmia che stava nel suo cervello, batteva i piatti con fervore.
“Lo so?”
Sebbene Jason avesse una decina d’anni in più, rispetto a Cinthia, a lei spesso sembrava di parlare con un bambino ed ogni volta tremava stupidamente all’idea che un loro eventuale figlio avrebbe potuto prendere questa sua peculiarità. Poi scacciava questo pensiero, ben sapendo che la sola idea era assurda, per ovvie ragioni.
“Si Jason: lo sai. Non pensare che non ne sarei felice, ma sai che nessuno approverebbe o ci sosterrebbe dopo. Già così, hai perso più della metà dei tuoi amici e parte della tua famiglia non ti vuole vedere. Io credo, anzi, che dovremmo lasciarci.”
Le sembrò che queste parole avessero raggiunto Jason, le cui pupille si restrinsero e tutti i muscoli si contrassero, come quelli di chi abbia appena ricevuto una fucilata nel ventre.
“Stai dicendo che non potremo mai più vederci?”
Sembrava stesse per scoppiare in lacrime e lo sguardo di Cinthia si addolcì.
“Sì, ma ci siamo conosciuti solo martedì…”
Lui non aveva sentito altro, al di fuori della conferma del suo timore.
“E che non potremo mai più fare l’amore assieme?”
La dolcezza di lei sfociò nuovamente nella perplessità.
“Non l’abbiamo mai fatto.”
Lui la guardò negli occhi con odio.
“Menti.”
Lei sgranò gli occhi come solo un cartone animato credeva potesse fare e divaricò le labbra boccheggiando, come se volesse dire qualcosa, mentre le mancavano le parole per esprimerla.
In effetti era proprio così: la sua illogicità aveva spiazzato del tutto qualsiasi linea di dialogo fosse possibile intraprendere ed ora Cinthia non sapeva come uscire da quella situazione imbarazzante.
Si erano conosciuti in un bar qualche giorno prima. Lui aveva ordinato due whisky e gliene aveva offerto uno. Poi avevano iniziato a chiacchierare del più e del meno, ridendo e scherzando, come se si conoscessero da una vita.
Poi lui l’aveva presentata ai suoi genitori come se fosse la donna della sua vita: le esatte parole che aveva usato per descriverla pubblicamente erano state “la principessa con la quale avrebbe condiviso il castello”. Forse era azzardato o forse no, chi può dirlo? Sta di fatto che i suoi genitori non apprezzarono. Alla stessa maniera accadde con alcuni amici, che lo lasciarono in balia degli eventi con le parole “se vuoi rovinarti la vita, non è un problema che ci riguarda: noi vogliamo rimanere liberi, ma quand’anche dovessimo cambiare idea, di certo non ci faremmo mai incastrare da una come LEI”.
Lui li aveva mandati al diavolo e loro sostennero che la sua compagnia sarebbe stata migliore.
Tutto, perché si erano trovati entrambi nello stesso locale quella sera ed ora voleva sposarla e Cinthia era costretta a rispondere di no, non sapendo come convincerlo a desistere.
Giunse alla conclusione che esisteva una sola maniera per uscirne rapidamente, dunque seppe di doverlo adottare.
Si tolse la parrucca bionda dal capo e rivelandosi, disse al suo pretendente:
Jason, maledizione, io sono un uomo.”


Non poteva finire diversamente: in fondo, lo sappiamo tutti...

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