lunedì 26 maggio 2014

Non ho un titolo...

E così, siamo svegli.
Sono le 2.27 è lunedì. Giorno libero.
Potrei dormire, così da svegliarmi presto al mattino e fare le millemila cose che vorrei aver in programma.
"Vorrei aver in programma" suona come un controsenso, come una cosa insensata ma la verità è che ho il fantasma delle mille cose da fare che mi aleggia nella mente, senza prendere una forma concreta.
Sento il cuore che batte un po' più forte... i polmoni che non si riempiono del tutto... i pensieri che si fanno incerti, come un granchio su uno scoglio durante la mareggiata.
Uno splendido momento per sentire le prime avvisaglie di un attacco d'ansia. Come se ne sentissi la mancanza.
Sento l'impulso di chiudermi a riccio, come se questo potesse proteggermi da me stesso.
Il vuoto che sento attorno a me e che io stesso creo.
Un gabbiano, in lontananza, grida nella notte, per segnalare il proprio territorio.
Il petto scoppia, come se uno strano fuoco privo di calore vi ardesse al suo interno e sento il gelo che mi stringe nel solo abbraccio che questa notte mi concede.

L'esistenza stessa del mondo sembra un'inutile faccenda imprevista.

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Ci sono troppi programmi aperti: la mente non riesce a tenerli tutti aperti. Troppe cartelle inutilizzate. Troppi file in download.

La testa si fa pesante e vorrei seppellirla nell'alcool, per poi dar fuoco ai vapori che esso emana.

Le parole si accavallano, i pensieri si fondono e confondono gli uni con gli altri. Stupido cervello umano, così limitato, così obsoleto. Saresti una macchina perfetta, nelle mani di un'utenza superiore.

Forse stiamo impazzendo, forse stiamo semplicemente invecchiando.

In entrambi i casi, siamo stanchi...stanchi da volersi sedere in poltrona, con lo sguardo fisso nella precisione del vuoto e risvegliarsi nel nuovo millennio, quando tutto sarà polvere...

giovedì 15 maggio 2014

Tanti pensieri...un solo canale per lasciarli uscire.

Una volta, mi hanno descritto un libro.
Non ricordo il titolo, né l'autrice (mi pare di ricordare fosse una donna) ma ricordo che era un libro che trattava argomenti di psicologia, scritto da una persona affetta da una qualche forma di autismo. Non l'ho mai letto ma dalla descrizione che mi era stata fatta, la narrazione era difficile da seguire, in quanto l'autrice seguiva il filo logico dei propri pensieri, ben differente dal filo che può unire i pensieri delle persone comuni.

Come funziona il pensiero nelle persone comuni?
Generalmente in modo lineare. Pensano ad una cosa, poi ad un'altra collegata, poi collegano ad altro ancora e così via: una logica sequenza di pensieri, facilmente esponibili su di una linea.

In cosa differiva questo libro?
Le frasi, prima di venir seguite da altre frasi, si espandevano in sottofrasi riguardanti i contenuti interni alla frase stessa.
Chiaro? A me no: detto così non sembra affatto chiaro.
Proviamo a rappresentare il filo logico dei pensieri descritti nel libro.

C'è una linea retta? sì, c'è, ma è come se ad ogni segmento di questa retta ci fosse un universo di digressioni. Come se la linea dei pensieri fosse un diagramma ad albero in cui ogni ramo si biforca e risulta pressoché impossibile riuscire a seguire il filone principale, sempre che ce ne sia uno (potrebbero essere più d'uno o potrebbero esserlo tutti).

Cosa significa questo?
Esattamente ciò che ho scritto nel titolo: un universo di pensieri che riescono ad uscire soltanto uno per volta e la mente ne viene travolta, incapace di arrestare il flusso del ragionamento, che esce come un fiume in piena che spinge per uscire da un singolo canale di sfogo.

A volte, mi sento così e mi torna in mente quel libro.
Mi sembra di aver tante cose da fare, pensare, dire e se anche nella mia testa scorrono tutte immediate come un lampo che attraversi un corpo umano durante l'elettroshock, il mio cervello cerca caparbiamente di tener ordinato questo stormo di colibrì impazziti ed incapaci di star fermi. La parte razionale in me cerca ossessivamente di catalogare, ordinare, visualizzare ogni singolo pensiero, uno alla volta, sebbene la parte istintiva li abbia già assimilati a mano a mano che uscivano dalle uova.

Posso forse definirla una forma di autismo controllato?
Razionalmente, penso di sì.

Mi piace pensare che la schizofrenia mi permetta di avere una personalità persa nel mare di pensieri che la travolge come un continuo tzunami, mentre un'altra personalità più forte e razionale, tenga a bada questa folla inferocita con un fordone impenetrabile, lasciando passare un pensiero alla volta, impedendomi di impazzire.

La follia come rimedio alla follia stessa.
Forse questa stessa è follia, ma non posso fare a meno di restarne ammirato.

Ho letto Alice nel Paese delle Meraviglie, ieri. Non l'avevo mai letto.
Cosa vi ho trovato?
Follia, certo. Eppure una follia non troppo differente da quella che a volte sembra albergare nella mia mente, poiché le frasi presenti (pronunciate da quelli che, secondo Alice, sono i matti) trovano riscontri impeccabili nella mia logica, data la situazione.

Ci sono momenti, nella vita, in cui non riesco a capire se io sia davvero matto o se sia semplicemente terrorizzato all'idea di essere normale.