domenica 27 giugno 2010

Remember

Alcuni ricordi possono attraversare i secoli senza sbiadire, facendo aumentare giorno dopo giorno un senso di nostalgia...

Alcune cose durano in eterno...


You are with me, but I miss you...

martedì 22 giugno 2010

Sogni

Oggi nella notte mi sono affacciato ad un poggiolo... Tall'alto la pioggia scendeva copiosa, mentre sotto di me una densa nuvola di nebbia occludeva la visuale...

Ed io, fra una nuvola e l'altra osservo il mondo, come un'anima fra inferno e paradiso.

venerdì 18 giugno 2010

...

Ragni, coccodrilli ed indifferenza: ecco il modo in cui ho trascorso la notte...

lunedì 14 giugno 2010

L'arte non è per tutti

Non tutti apprezzano ciò che io metto nelle mie creazioni... Ne è un esempio Sua Eccellenza lo yogurt, il quale ha ritenuto forse eccessivo il mio ultimo racconto ed ha ritenuto opportuno ignorarlo.

Censori dannati...

sabato 12 giugno 2010

Per Muller! Per la sacra Vaschetta di Yogurt!

Anche questa settimana sono riuscito a scrivere qualcosa per sua maestà lo Yogurt... Provvederò subitamente a spedirglielo, previa rilettura più o meno accurata... Nel frattempo, lo sottopongo alle Signorie Vostre...

L'incipit, come da consuetudine, è orrendo.. Anzi: è peggiore del solito e questo mi ha spinto a dare il meglio di me, con risultati scarsi, in realtà...

“Credo nelle persone buone e nelle cose che so fare.
E credo che tu sia la più buona che conosco e più brava di me a fare praticamente tutto.
Per questo ho fatto tutto quello che ho fatto e mi sono precipitato qui.
Perchè penso, anzi, perchè sono sicuro, che dovremmo farlo.
Sono sicuro che dovresti infilarti questo anello e dire sì davanti al primo prete che incontriamo o al sindaco,
perché so dove abita e non sarebbe un problema.
Solo sì.
Sono sicuro che dovresti fare quest’unica, semplice cosa.
Perché ne ho bisogno, perché ti amo.
E perché sapresti farla benissimo.”

Fine incipit.. Potrete immaginare quanto in basso siano cadute e rotolate le mie braccia, nel leggere una partenza simile... Non potevo che rispondere con quanto seguirà...


Lei lo guardava con i suoi grandi occhi verdi. Sembrava potessero mangiarlo da un momento all’altro, anche se stavano semplicemente prendendo tempo, mentre lei cercava le parole migliori per rispondere al fervore di lui. Poi pose le sue mani sulle spalle di lui e strinse mediamente mentre, guardandolo negli occhi, gli chiese:
Jason, che cazzo dici?”
Come potete immaginare, lo sguardo, prima fiero ed entusiasta di lui, divenne spento e perplesso al tempo stesso… L’unica cosa che aveva permesso al suo morale di non precipitare verso il suolo, schiantarsi e continuare nella propria discesa fino al centro della terra, era la sua stupidità: Jason era troppo basito di fronte a quella che non aveva contemplato come risposta, per poterne capire davvero il significato. Questo, probabilmente, perché si aspettava una risposta, mentre quella di Cinthia era una domanda.
Ecco, questa era l’unica cosa che Jason era riuscito ad assimilare: Cinthia non aveva risposto, bensì aveva posto una domanda in risposta e ciò era insensato, per il semplice circuito mentale di lui.
Prima che potesse riprendersi del tutto, Cinthia riprese la parola.
“Ascolta Jason: ti voglio bene, ma sappiamo entrambi che non potrebbe mai funzionare fra noi. Insomma: per certi versi siamo troppo diversi, per altri, lo siamo troppo poco. E poi scusami, hai pensato a cosa direbbero i tuoi genitori, se ci sposassimo? Sai come la pensano su di me.”
I genitori di Jason ritenevano che lei fosse una poco di buono, una teppista una “donnaccia da strada”, come la chiamavano loro. Non si può dire che avessero torto, non del tutto almeno. C’era solo un piccolo dettaglio su cui si sbagliavano, ma Cinthia era dell’idea che fosse meglio lasciarli nell’ignoranza, per ora.
“Ti ho chiesto se vuoi sposarmi”. Le parole di Jason avevano lo stesso tono che avrebbe utilizzato un bambino della quarta elementare, nell’atto di chiedere ad una bambina se volesse essere la sua compagna di giochi.
Ora era il turno di Cinthia a rimanere perplessa… Non trovava collegamento fra quanto appena detto e la frase di Jason. Rimase a guardarlo, mentre lui aspettava impaziente una sua replica. Le occorsero ancora alcuni secondi, prima di realizzare che Jason, con quella frase, stava rispondendo alla domanda (ovviamente retorica) che lei gli aveva posto in principio. Da qui aleggiava in lei la cieca certezza del fatto che lui non avesse recepito assolutamente nulla di tutto ciò che era stato detto successivamente.
Dovette controllarsi per non fargli saltare la testa con un ceffone. Dopo svariati respiri profondi, la sua mente riprese a ragionare come le era solito e rispose a Jason, ricordando, questa volta, di rispettare la semplice regola del “botta&risposta”: indispensabile, per avere un dialogo sensato con Jason.
“Lo so quello che mi hai chiesto, tesoro, ma non posso dirti di sì: lo sai”.
Gli occhi di lui erano vivi ed attenti, mentre la scimmia che stava nel suo cervello, batteva i piatti con fervore.
“Lo so?”
Sebbene Jason avesse una decina d’anni in più, rispetto a Cinthia, a lei spesso sembrava di parlare con un bambino ed ogni volta tremava stupidamente all’idea che un loro eventuale figlio avrebbe potuto prendere questa sua peculiarità. Poi scacciava questo pensiero, ben sapendo che la sola idea era assurda, per ovvie ragioni.
“Si Jason: lo sai. Non pensare che non ne sarei felice, ma sai che nessuno approverebbe o ci sosterrebbe dopo. Già così, hai perso più della metà dei tuoi amici e parte della tua famiglia non ti vuole vedere. Io credo, anzi, che dovremmo lasciarci.”
Le sembrò che queste parole avessero raggiunto Jason, le cui pupille si restrinsero e tutti i muscoli si contrassero, come quelli di chi abbia appena ricevuto una fucilata nel ventre.
“Stai dicendo che non potremo mai più vederci?”
Sembrava stesse per scoppiare in lacrime e lo sguardo di Cinthia si addolcì.
“Sì, ma ci siamo conosciuti solo martedì…”
Lui non aveva sentito altro, al di fuori della conferma del suo timore.
“E che non potremo mai più fare l’amore assieme?”
La dolcezza di lei sfociò nuovamente nella perplessità.
“Non l’abbiamo mai fatto.”
Lui la guardò negli occhi con odio.
“Menti.”
Lei sgranò gli occhi come solo un cartone animato credeva potesse fare e divaricò le labbra boccheggiando, come se volesse dire qualcosa, mentre le mancavano le parole per esprimerla.
In effetti era proprio così: la sua illogicità aveva spiazzato del tutto qualsiasi linea di dialogo fosse possibile intraprendere ed ora Cinthia non sapeva come uscire da quella situazione imbarazzante.
Si erano conosciuti in un bar qualche giorno prima. Lui aveva ordinato due whisky e gliene aveva offerto uno. Poi avevano iniziato a chiacchierare del più e del meno, ridendo e scherzando, come se si conoscessero da una vita.
Poi lui l’aveva presentata ai suoi genitori come se fosse la donna della sua vita: le esatte parole che aveva usato per descriverla pubblicamente erano state “la principessa con la quale avrebbe condiviso il castello”. Forse era azzardato o forse no, chi può dirlo? Sta di fatto che i suoi genitori non apprezzarono. Alla stessa maniera accadde con alcuni amici, che lo lasciarono in balia degli eventi con le parole “se vuoi rovinarti la vita, non è un problema che ci riguarda: noi vogliamo rimanere liberi, ma quand’anche dovessimo cambiare idea, di certo non ci faremmo mai incastrare da una come LEI”.
Lui li aveva mandati al diavolo e loro sostennero che la sua compagnia sarebbe stata migliore.
Tutto, perché si erano trovati entrambi nello stesso locale quella sera ed ora voleva sposarla e Cinthia era costretta a rispondere di no, non sapendo come convincerlo a desistere.
Giunse alla conclusione che esisteva una sola maniera per uscirne rapidamente, dunque seppe di doverlo adottare.
Si tolse la parrucca bionda dal capo e rivelandosi, disse al suo pretendente:
Jason, maledizione, io sono un uomo.”


Non poteva finire diversamente: in fondo, lo sappiamo tutti...

giovedì 10 giugno 2010

Sole, mare ed arrosto.

Via il gesso, è d'obbligo inaugurare la stagione balneare, finalmente...

Primo mare... 7 ore consecutive, per compensare il ritardo... Lieve ustione di 5° grado, ma siamo felici.

mercoledì 9 giugno 2010

Addio...

Un saluto al gesso... Un bentornato al mio braccio, adornato con simpatiche ustioni da seghetto in gomma...

Libero ma non abile al 100%... inizia il lavoro di ripristino del braccio...

domenica 6 giugno 2010

In ritardo sulla consegna...

Sullo scadere, ho terminato la mia opera per monsignor Yogurt...
Posto qui di seguito ciò che ne è venuto fuori....

Stamattina si è svegliata presto.
Un misto di ansia e gioia ha mosso tutti i suoi gesti: ha fatto il caffè
e per sbaglio ha versato un po’ di zucchero nel lavandino.
Non le è importato.
Il giornale era ancora sul tavolo e quando si è girata per prenderlo ha alzato gli occhi sulla finestra e ha visto la neve.
Si è avvicinata al vetro: una pioggia gelata, bianca, cadeva nel cortile a fiocchi spessi.
Non è riuscita a smettere di guardare.
Qualcosa ha cominciato a sciogliersi dentro di lei e a scorrerle lungo le braccia, le gambe.
Un po’ alla volta tutto è diventato nuovo, anche lei.
E non è che non abbia sentito il frastuono che viene dall’altra stanza.
Solo, non vuole muoversi, andare di là.
Si sente rinata ed è contenta di averlo fatto.

Fine incipit...

Per ora, il suo unico desiderio è di godersi il momento, senza pensare ad altro. Prima o poi sarebbe pur dovuto tornare il silenzio ed a quel punto lei avrebbe potuto infrangerlo aprendo la finestra, in modo da creare un minimo giro d’aria: l’aria è davvero viziata ed a lungo andare, le avrebbe guastato le emozioni.
Il suo era stato un taglio con il passato. Un taglio netto e preciso: neppure un chirurgo era mai stato capace di cotanta perfezione. O, almeno così pensa Susan, mentre sorseggia il caffè. È buono, ma manca un po’ di latte. Se solo avesse dei biscotti, inoltre, li intingerebbe con grande piacere nella bevanda: ha sempre adorato intingere i biscotti nel caffè, anche se generalmente preferisce farlo nelle tazze altrui, dal momento che odia solennemente le briciole che restano periodicamente a galleggiare, dopo che il biscotto ne sia uscito. Ma i biscotti non ci sono, quindi il problema non si pone, probabilmente.
“Quindi solo un caffè come colazione?” l’idea le sembra poco sensata, dal momento che, essendo oggi una giornata importante, dedicata al nuovo inizio, si ripromette anche di essere una giornata faticosa, nella quale Susan dovrà studiare bene come porre i mattoni della propria nuova vita. In effetti il progetto è già ben dettagliato: l’unica cosa da fare è metterlo in pratica.
“C’è ancora tempo” pensa Susan, sentendo diminuire il livello di suono emesso dalla stanza adiacente. Il giornale pesa ancora nella sua mano, mentre lei ammira la neve che scende ed imbianca la valle. “Non dovrebbe nevicare in questa stagione, quindi come posso ignorare questo segno degli dei? Loro mi stanno dicendo che ciò che ho fatto è giusto: sanno quanto io adori la neve.”
Susan sa che sulla prima pagina del giornale c’è la foto di Roger, suo marito, mentre si presta a dar spettacolo di sé stesso, di fronte alla stampa, con 2 ballerine sulle ginocchia in atteggiamenti equivoci, quindi evita di soffermarcisi, per non ritornare con la mente a quella sera.
“Fail”, come avrebbe detto Brendon, suo fratello: parte il flashback.
In realtà è un flash vero e proprio: la acceca.
Decine di flash la colpiscono in faccia, mentre centinaia di voci parlano all’unisono, mandandole in tilt qualunque senso su cui lei potesse fare affidamento per rimanere in piedi. Probabilmente se non avesse bevuto quel bicchiere di vino in più, ora sarebbe maggiormente padrona dei propri sensi, ma tant’è: l’ha bevuto ed ora sa di dover restare seduta, allo scopo di mantenere la dignità o, per lo meno, quella che lei definiva tale. Solo dopo una mezz’ora, Susan si accorge dell’assenza del marito. Si fa forza e va a cercarlo, ben conscia del fatto che solo un miracolo potrebbe tenerla in piedi. Stranamente, il miracolo avviene e lei può camminare fino all’atrio. Non ne è certa, ma ha la sensazione di aver chiesto informazioni a qualcuno, senza però ottenere riposte degne di nota.
Alla fine, riesce a raggiungere il giardino e lì lo trova: è seduto su una panchina, attorniato da fotografi e con quelle due femmine indecenti sulle ginocchia.
Normalmente si sarebbe girata e sarebbe corsa in un angolo a piangere, ma c’è qualcosa che pompa sangue al cervello. “Che sia il cuore?”Probabilmente è così. “E cosa viene pompato?” Probabilmente sangue e vino: una miscela pericolosa, una volta che raggiunge il cervello. Il sangue da al cervello la facoltà di parlare, mentre il vino distrugge ogni sorta di filtro, atto a selezionare in tempo reale tutte quelle affermazioni adatte e non alla situazione.
Ciò che Susan ricordi di aver detto non è riportabile sia per i contenuti, sia per la scarsa attendibilità, dovuta all’eccessiva percentuale di alcool presente nel sangue. Sta di fatto che dopo essersi dimostrata capace di un linguaggio molto meno signorile di quanto il proprio abito potesse lasciar intendere.
Fine del flash: Susan non ricorda altro della serata. Probabilmente è svenuta e Brandon l’ha portata a casa. Il giorno successivo le rimaneva solo un ricordo annebbiato di ciò che era accaduto. L’unica sensazione persistente era il rancore che provava verso l’uomo che aveva sedotta, sposata e tradita. Lui si comportava con lei come se nulla fosse accaduto; come se l’avesse “perdonata” per la scenata della sera precedente e per qualunque cosa lei gli avesse detto. Susan cercava del senso di colpa negli occhi di lui, ma vi trovava un animo sereno ed in pace con sé stesso. Al contrario di quanto la logica vorrebbe, in realtà, c’era dell’offesa soffocata.
Questo non poteva venir paragonato a nulla di diverso dalla benzina gettata sulle fiamme del suo animo già in subbuglio. Ella dunque meditava una vendetta che per giustizia divina le spettava di diritto… E durante il pranzo, le venne mostrata la via.
Ora è il silenzio.
È ora di mettere in pratica la seconda parte del proprio progetto. Ha già tagliato le cipolle e preparato gli altri ingredienti. Le pentole sono tutte pulite e pronte ad ospitare ogni cosa. La camera da letto emana un olezzo insopportabile, ma Susan era preparata a questo ed entra con passo sicuro. Suo marito giace sul materasso contorto in un’improbabile smorfia di dolore: è evidente che l’oscura signora ha atteso, prima di liberarlo. Mentre raccoglie i suoi resti senza vita, Susan cerca con la mente la soluzione migliore per ripulire la stanza, ritenendolo, tutto sommato, un dettaglio trascurabile.
Durante la notte, Susan aveva appeso la preziosa collezione di spade antiche del marito al soffitto della camera con un filo che si sarebbe spezzato, non appena lui si fosse mosso. Lei è orgogliosa di aver escogitato per lui una morte simile per Brandon. “Non si merita nulla di meglio”, pensa.
Ora il corpo del marito viene portato in cucina, dove il tritacarne che avevano comperato il mese scorso sta per essere inaugurato.
Mentre si dà da fare, Susan ripensa al concorso regionale di cucina, dove lei presenterà il suo capolavoro culinario. Ha pensato a lungo come chiamarlo ed alla fine ha deciso che si limiterà a presentare il piatto come “Il ragù di mio marito”, una salsa di carne speziata il cui ingrediente segreto era un mistero anche per lei.

Fine.

La mia certezza è una ed una sola: non piacerà XD
Ho come il sospetto, ma il perché dirvi non so, d'aver poc'anzi ricevuto un input riconducibile alla creazione di un filato...

Come dire... mi si fa il filo... Ma a farlo, era un uomo...

sabato 5 giugno 2010

Cosa ci faccio qui?
Quelli come me non dormono quando spetterebbe loro...

venerdì 4 giugno 2010

Si ritrova ancora una volta a dover mentire... Non apertamente, certo, ma di quelle menzogne fastidiose, nelle quali devi guardare negli occhi una persona e far sì che essi ti appaiano sinceramente felici di vederla... Quando in realtà si meriterebbe un armadio sui testicoli per svariati motivi...

Oltre a ciò... il sangue mi si è mutato in latte acido...

martedì 1 giugno 2010

Dove siete?

Nessuno più su queste rive... Solo io con le mie parole ad un vento che le riporta indietro...

Scrivo per me stesso in attesa del futuro...